Le carte vanno rilette,
mille e mille volte, per capire fino in fondo l’esatto significato delle
parole. Ma vanno rilette altre mille volte anche per accorgersi di tutto, anche
di quei dettagli all’apparenza irrilevanti, e che invece meritano attenzione.
La vicenda, ancora quella dei libri ordinati durante il governo D’Alfonso, con
una semplice disposizione verbale, senza impegno di spesa, senza uno straccio
di carta come ‘pezza d’appoggio’, e che ora l’attuale amministrazione di
sinistra, fermando il contenzioso in atto, vorrebbe far pagare alla città, non
i 100mila euro iniziali, ma comunque 47mila euro, una cifra di tutto rispetto
per un Comune in predissesto. Ebbene, qualche giorno fa, rileggendo la delibera
con cui l’amministrazione Albore Mascia aveva dato mandato ai propri Uffici
legali di opporsi all’esorbitante richiesta della Casa Editrice, richiesta non
sostenuta da atti formali e obbligatori per un Ente pubblico, avevo notato un
dettaglio, che non ho citato perché, in quel frangente, l’ho ritenuto un
refuso, sicuro il classico errore di battitura degli uffici. Poi però ieri le
cose sono cambiate, perché quello stesso dettaglio l’ho ritrovato nel documento
pubblicato dal quotidiano Il Centro, scritto da un avvocato nel fax inviato al
Comune per specificare che, l’ordine di acquisto dei volumi, era stato solo
verbale. E allora ho capito: non c’è alcun errore, ma c’è un’altra incongruità
amministrativa. Ossia: nella relazione, stesa dall’avvocato del Comune Paola Di
Marco, allegata alla delibera numero 905 del 5 dicembre 2013 si sostiene che ‘Con lettera del 13.05.2010 la società
istante invitava e diffidava il Comune di Pescara ad adempiere alla propria
obbligazione di pagamento della fattura
n.131 del 22.08.2008’.
Stessa cosa l’ho ritrovata scritta nel fax inviato dall’avvocato Monica Di Toro
Mammarella, ovvero l’invio di copia della ‘fattura 131 del 22.08.2008’. Quindi
la società editrice ha emesso fattura,
nei confronti del Comune, per la vendita di 2mila libri, al prezzo di 100mila
euro Iva inclusa, il 22 agosto 2008.
Bene…ma, tornando alla delibera, basta risalire di un capoverso e si legge,
sempre nella relazione, che ‘La società
asserisce che in data 22.09.2008
effettuava la consegna di n.2000 volumi dal titolo....unitamente alla
relativa fattura di €100.000,00 iva inclusa’, ossia i libri sono stati consegnati il 22 settembre 2008, esattamente un mese
dopo l’emissione della fattura da parte della stessa Casa Editrice. E a
questo punto la domanda che torna impellente: qual è il privato che presta un
servizio per un Ente pubblico ed emette fattura un mese prima di aver prestato
quello stesso servizio. Ossia la società in questione ha emesso la fattura nei
confronti dell’Ente per l’acquisto dei 2mila volumi prim’ancora che gli
consegnasse il prodotto da acquistare eventualmente? E come se andassimo dal
dentista e prima paghiamo il conto e dopo un mese lo stesso comincia a curarci
il dente..chi oggi lo farebbe? O è come se oggi andassimo dal salumiere e gli
pagassimo un prosciutto che poi ci verrà dato tra un mese! Follia, specie
quando si lavora con gli Enti pubblici per una seconda ragione: tutti gli Enti
pubblici, in qualunque condizione economica essi siano, hanno la facoltà di
slittare i pagamenti ai fornitori di beni e servizi di almeno 90 giorni dopo la
consegna della fattura, ma chi ha lavorato con una pubblica amministrazione, sa
che quel termine può subire anche un’ulteriore dilazione senza colpo ferire. Ma
a rimetterci è il privato fornitore di beni e servizi perché, una volta pagata
la fattura, comunque lui deve pagarci subito l’Iva alla prima scadenza utile.
Ciò significa che siamo di fronte a un privato così tanto magnanimo dall’emettere
una fattura di 100mila euro, quindi una previsione di incasso sulla quale ha già
pagato l’Iva, senza sapere quando avrebbe realisticamente incassato la somma.
Un privato che, peraltro, ha emesso quella fattura un mese prima dall’aver
prestato effettivamente il proprio servizio. E’ chiaro: i conti, mi spiace, non
tornano, e va fatta chiarezza. Quella chiarezza che, a questo punto, solo un
dibattimento nelle sedi giudiziarie opportune, può garantire. Nel frattempo,
dovere dell’amministrazione, è quello di bloccare una transazione nella quale
il Comune sarebbe comunque soccombente, versando una somma, almeno per ora,
priva di giustificazioni. Buona giornata!

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