Fatta
la legge, trovato l’inganno, ma non sempre le ciambelle riescono col buco: i
lavori per cominciare la sistemazione del Teatro Michetti non partiranno a
breve. Non prima, sicuramente, di aver visto espletare due gare d’appalto: la
seconda per individuare la ditta che effettuerà la ristrutturazione dell’immobile;
la prima per individuare il professionista esterno cui affidare la progettazione
esecutiva-definitiva, la Direzione lavori e la responsabilità della sicurezza
in fase di esecuzione dei lavori. Affidamento che, considerati gli importi, non
può seguire la strada della ‘chiamata diretta’ per volontà divina o terrena, ma
deve per forza di cosa procedere attraverso gare ufficiali, avvisi pubblici e
atti trasparenti. Questo non lo dice Patricia Fogaraccio, non lo dice il mio
Blog, ma lo dice il Codice degli Appalti pubblici, che forse la giunta
Alessandrini farebbe bene ad andarsi a rileggere. Ecco, oggi approfondiremo
questo aspetto, che avrei lasciato come ‘ultima puntata’ della serie aperta
ieri. Ma le decine di telefonate con cui mi hanno bersagliato da ieri
professionisti e cittadini, chiedendomi di chiarire tale aspetto scritto bello,
nero su bianco, e riportato da leggi e codici, mi impongono di piegarmi alla
volontà dei lettori. Vi risparmio i richiami di legge, quello lo faceva l’attuale
vicesindaco del Comune di Pescara, scatenando una noia mortale. I fatti: un
brevissimo riepilogo sulla conferenza stampa con cui ieri, in pompa magna, la
giunta del sindaco Alessandrini (quest’ultimo molto più dimesso dei ‘suoi’) ha
annunciato che la Regione Abruzzo ha elargito molto generosamente 1milione
600mila euro circa di contributi su Pescara per finanziare la ristrutturazione
del Teatro Michetti, del Museo del Mare e della Città della Musica. La fetta
(si fa per dire) più grande di quella somma è destinata al Teatro Michetti,
973mila 603 euro, quasi 1milione di euro, che però serviranno giusto per
evitare che la struttura crolli, ovvero per finanziare i lavori tesi a
restituire agibilità e garanzie antisismiche al fabbricato. Poi restano da
rifare gli impianti, gli allestimenti, insomma almeno ancora 1milione e mezzo
di euro di lavori, cui dovrà pensare la Provvidenza perché il sindaco
Alessandrini, da parte sua, non sa davvero dove mettere le mani. Ma non basta:
nel pieno della conferenza stampa, il vicesindaco, tutto gongolante, ha
annunciato che ora ‘si procederà con il dare incarichi ai professionisti esterni
che dovranno redigere i progetti esecutivi e definitivi da restituire entro un
mese. E avviso i giornalisti, non c’è alcuno scandalo nel dare gli incarichi
esterni’. Una frase che ha lasciato sbigottita me, ma ha fatto letteralmente
saltare dalla sedia gli ‘altri’ professionisti, quelli che hanno letto su
giornali e media on line quelle parole perché un tale ‘affidamento diretto’ non
è possibile. Per capirlo basta farsi quattro conti: su un intervento pubblico
di 973mila 637 euro, la progettazione esecutiva-definitiva, direzione lavori e
responsabilità sicurezza in fase di esecuzione, assorbe circa il 10 per cento
dell’importo stesso. Ovvero: il professionista che verrà scelto percepirà un
compenso di almeno 80-90mila euro complessivi, somma stabilita non dalla
generosità o dall’aria, ma dalle tariffe tabellari cui un Ente pubblico, come
il Comune di Pescara, non può derogare, neanche in tempi di crisi e di
pre-dissesto, e deve obbligatoriamente osservare. Bene: peccato che, sempre il
Codice degli appalti, impone che per incarichi professionali di tal genere,
ossia inerenti le opere pubbliche, che prevedono compensi superiori ai 40mila
euro, non si può procedere con la chiamata diretta di un professionista, ma
occorre fare una gara tra almeno 5 professionisti, cui concedere almeno 15-20
giorni di tempo per acquisire e prendere visione delle carte, studiare il
progetto da realizzare, e presentare la propria offerta corredata di ogni
dettaglio. Tradotto, il Comune non può decidere di affidare a pinco o pallino
tale incarico, o meglio può scegliersi il professionista tra una rosa di 5 nomi
da invitare a gara. E, rispettando tempi per gli inviti, le visioni, e le
risposte, e considerando che tali procedure non sono neanche partite, beh! Facile
dedurre che a maggio staremo ancora a parlare dell’aria fritta, mentre il
Teatro Michetti continuerà a essere abitato da ratti e tarme. Ma è la legge
bellezza, e non puoi evitare di rispettarla. A meno che…e già, a meno che, non si
decida di parcellizzare e spezzettare l’incarico stesso, al fine di far
scendere il compenso di 80mila euro minimo, ma a questo punto il giochetto
sarebbe scoperto! Suscita poi curiosità l’importo erogato per il primo lotto
della ristrutturazione del Teatro Michetti: 973mila 603 euro! Una precisione
millimetrica, mi verrebbe da chiedere con quei 3 euro finali cosa si andrà a
pagare! Magari una persona normale, in un Comune normale, con una Regione
normale, avrebbe arrotondato e assegnato direttamente 1milione di euro, non
973mila 603 euro, tanto poi tra i ribassi di gara la somma comunque scende…ma…e
già, c’è un ‘ma’. La differenza tra 1milione di euro e 973mila 603 euro è
sostanziale, non puramente formale: la legge, sempre quella pedante legge tra i
piedi, impone che per gli appalti da 1milione di euro in poi, approvati i
progetti esecutivo-definitivo, occorre fare una gara d’appalto pubblica, con l’avviso
in pubblicazione sugli Organi di stampa e sull’albo pretorio almeno per 30-35
giorni; alla gara può partecipare un numero infinito di ditte, ed è chiaro che
un appalto da 1milione di euro diventa allettante di questi tempi. Poi c’è la
seduta pubblica di aggiudicazione; se ci sono offerte anomale, ossia che
offrono un ribasso inferiore mi sembra al 27 per cento sul prezzo a base d’asta,
si rinvia per dare alle eventuali ditte il tempo e la possibilità di spiegare
le ragioni di quell’offerta anomala. Quindi si riconvoca la seconda seduta
pubblica, si procede con l’aggiudicazione provvisoria, che impone alla pubblica
amministrazione di aprire una fase di sospensione di 35 giorni per consentire
ad altre eventuali ditte escluse o perdenti di presentare ricorso al Tar contro
l’aggiudicazione. E solo una volta trascorsi quei 35 giorni, se non ci sono
stati ricorsi, si può procedere all’aggiudicazione definitiva, alla firma del
contratto e all’apertura del cantiere. Se arrivano i ricorsi, si blocca tutto
in attesa della decisione del Tar, che può dare o meno la sospensiva dell’appalto:
procedura burocratica farraginosa, ma necessaria per evitare quei contenziosi
che, in passato, hanno determinato l’apertura di cantieri rimasti poi a metà
per dieci anni. Bene. Tutto questo se l’importo fosse stato di 1milione di
euro. Aver assegnato una somma di 973mila 603 euro, ossia essere scesi sotto la
soglia di 1milione di euro, consente invece alla pubblica amministrazione di
saltare tutta la procedura, e procedere con la ‘procedura negoziata’: ossia gli
uffici chiameranno in maniera diretta 10 ditte chiedendo loro di presentare un’offerta
entro 10-15 giorni per quell’appalto. Poi si aprono le offerte e si va subito
in aggiudicazione per aprire il cantiere. E la differenza, come dicevo, è
sostanziale: anche la seconda procedura è consentita dalla norma, ma, se è
logica e opportuna per effettuare opere urgenti per la manutenzione, che so, di
strade o marciapiedi dopo un evento calamitoso, al fine di restituire loro
sicurezza e agibilità a tutela dei cittadini, diventa meno logica e sicuramente
meno opportuna, a mio giudizio, per opere di grande rilevanza. Innanzitutto con
la procedura negoziata non si garantisce democraticamente a tutte le imprese la
stessa possibilità di partecipare e di aggiudicarsi un appalto economicamente
importante, ma si privilegeranno solo 10 imprese scelte, poi, sulla base di
quale criterio? Secondo perché quando si svolgono opere pubbliche importanti,
come la ristrutturazione di un Teatro, è sempre meglio seguire la strada più
lunga, ma più trasparente e di massima evidenza pubblica. Come del resto ha
fatto la giunta Albore Mascia per aggiudicare i lavori di riqualificazione di
corso Vittorio Emanuele, o la riviera nord e sud. A questo punto vedremo quale
strada sceglierà la giunta Alessandrini, cercando di uscire dall’imbarazzante
palude di immobilismo in cui ha trascinato Pescara da 9 mesi. Buona giornata!
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