Assolto
perché il fatto non costituisce reato. E la giustizia ha trionfato, almeno una
volta. Angelo Volpe, grande amico, agente della Polizia municipale di Pescara,
è stato assolto: assolto da quell’accusa infamante di aver divulgato un ‘segreto
d’ufficio’, ossia la vicenda della multa al questore, multa comminata, poi
sparita, poi riapparsa, poi tolta, e via dicendo, tanto da meritare anche la
ribalta de Le Iene. Angelo Volpe è stato assolto perché semplicemente quella
notizia non l’ha divulgata. E’ stato assolto semplicemente perché non è stato
lui a raccontare il fattaccio ai giornali. E’ stato assolto semplicemente perché
quel processo non doveva nemmeno aprirsi, né tantomeno doveva essere aperto un procedimento
disciplinare a carico suo, né degli altri tre, tra agenti e ufficiali, finiti
nel mirino per quella vicenda. Finiti nel mirino, sia chiaro, solo per aver
fatto il proprio dovere, ossia per aver comminato una sanzione, e non aver
chiuso gli occhi quando quella sanzione, così sembra dalle cronache, non doveva
essere comminata. La notizia dell’assoluzione è arrivata ieri, ed è stato un
sospiro di sollievo per Angelo, persona che conosco personalmente da quando
eravamo alti tutt’e due poco più di un soldo di cacio. Persona di cui nutro
massima stima, che per un amico si farebbe tagliare tutt’e due le braccia pur
di aiutarlo. Persona e agente di cui conosco l’attaccamento alla divisa, al
dovere. Ma questo è il punto: Angelo Volpe ha dovuto comunque subire un
processo, perché qualcuno lo ha accusato di essere uno ‘spione’, cosa ancor più
grave quando a fare lo spione è un pubblico dipendente che lascia trapelare,
fuori dalle mura dell’ufficio, una notizia che dovrebbe essere coperta da
segreto. E anche questo è il punto: la notizia in questione, com’è emerso
durante il processo, non era un ‘segreto’, se ne parlava anche al bar, era
sulla bocca di tutti. Ma purtroppo a Pescara continua a valere la tradizione,
ossia ‘il peccato non è quello che si fa, ma quello che si dice’. Le multe si
possono pure togliere a chicchessia, ma il peccato scatta se lo si viene a
sapere, e soprattutto il peccatore diventa colui che lo racconta. Chiamatela
inversione della legge, il mondo alla rovescia, chiamatelo come vi pare ma così
è. La cosa ancora più assurda è che qui
il ‘peccatore’ non aveva neanche commesso il peccato, Angelo Volpe non aveva
raccontato ad alcuno di quella vicenda. La realtà, oggi, è che quel processo
non doveva neanche cominciare. La verità è che Angelo Volpe in quell’aula di
tribunale, da imputato, non sarebbe mai dovuto entrare. La verità è che l’Agente
Angelo Volpe non sarebbe mai dovuto essere indagato, né avrebbe mai dovuto
ricevere un avviso di garanzia, né mai si sarebbe dovuto ritrovare con il nome
e la faccia sbattuti su un giornale. Mai si sarebbe dovuto ritrovare a guardare
negli occhi sua madre, che ben conosco, a spiegarle che era tutto a posto, che
non aveva fatto nulla, che non avrebbe rischiato il licenziamento, che tutto si
sarebbe risolto, pregando, in cuor suo, che realmente la giustizia trionfasse.
Angelo non avrebbe mai dovuto osservare la piega della bocca di sua madre, in
preda all’angoscia e alla preoccupazione, e pensare che quella ruga nuova sulla
fronte potesse essere colpa sua. Perché non era colpa sua. Ma Angelo, tutto
questo, l’ha dovuto subire, così come ha dovuto subire gli sghignazzamenti al
Comando di chi stava godendo di tanta disgrazia, perché si sa, in ogni buon
posto di lavoro, non tutti ti amano, e c’è chi gode della disgrazia altrui. Ha
dovuto subire gli sguardi compiaciuti, i ‘finalmente, ben ti sta’ sussurrati,
il cambio di servizio al Comando. E ha dovuto subire le spese legali per il
processo cui è stato sottoposto, perché gli avvocati non sono gratuiti. Ora
tutto questo si è concluso, e Angelo è stato assolto, perché non ha rivelato alcunché.
Ma, mi chiedo io, chi risarcirà l’Agente Angelo Volpe. Forse lo Stato, non lo
so, gli restituirà qualche monetina spesa per marche da bollo e fotocopie, ma
chi gli risarcirà l’ansia, l’angoscia, il patema, i momenti di silenzio e di
solitudine, a pensare a quanto accaduto e al ‘chissà come finisce’. Chi gli restituirà
quella serenità persa ancor più quando sapevi di aver fatto bene il tuo dovere.
Perché quel processo è stato aperto, quando lo stesso Pm ieri, nella sua
requisitoria, si è trovato nella condizione di difendere l’innocenza dell’imputato,
trovando lampante quella innocenza. Cos’è che è andato storto, tanto da
giustificare un rinvio a giudizio? Penso che, come sempre accade, ci siano
state delle indagini preliminari in seguito alla denuncia, penso che qualcuno
si sia preoccupato di fare qualche interrogatorio, e allora perché non è stato
altrettanto lampante, all’epoca, che non era stato commesso alcun reato? Oggi,
o domani, l’agente Angelo Volpe tornerà al proprio lavoro: a piedi, in auto, o
su una moto, correrà sul luogo di un incidente, affronterà un’emergenza,
notificherà un Tso o un certificato, effettuerà un controllo. Ossia cercherà di
tornare alla sua vita ‘normale’, che non cancellerà l’accaduto. Ma mi chiedo,
come può essere che, dopo una decisione tanto eclatante, tutto resti come
prima: chi ha presentato la denuncia, evidentemente, non è stato ‘fedele alla
realtà’, e com’è possibile che non accada alcunché nei suoi confronti? Chi ha
fatto le indagini preliminari, com’è possibile che resti al suo posto come se nulla
fosse accaduto? Ecco, sono questi gli interrogativi dinanzi ai quali, davvero,
non riesco a darmi pace, perché quello che è accaduto all’Agente Angelo Volpe
potrebbe accadere a chiunque di noi: un pinco pallino s’inventa una storia,
mette su quattro carte posticce, le indagini le fanno tizio e caio, frettolose,
specie se la notizia è succosa, e bahm! Ti ritrovi in un’aula di Tribunale,
sperando che arrivino i tuoi testimoni, che non si spaventino dinanzi a un
giudice, dinanzi a un giuramento, e che raccontino semplicemente la realtà. E
se uno solo dei pezzi del puzzle non dovesse combaciare, è finita. Tutto questo
è inaccettabile, perché quella di Enzo Tortora, purtroppo, non è stata una
favola, né una leggenda, ma una storia vera che, chi ha l’età mia, o di Angelo,
o qualche anno in più, ha vissuto e ha testimoniato. E quella storia, la storia
di ognuno di noi, è da brivido. Angelo Volpe è stato assolto perché il fatto
non costituisce reato. Ora si dica la parola fine anche sui procedimenti
disciplinari nei confronti di Angelo e degli altri 3 agenti-ufficiali, Donato
Antonicelli, Di Sabatino e Sergio Petrongolo, restituiamo loro quella serenità
che meritano e che, nella loro vita, hanno sempre cercato di infondere negli
altri. Buona giornata!
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