Non si scherza con la credulità dei cittadini. E
soprattutto non si scherza con la salute dei cittadini. Due piccole regole che
l’attuale amministrazione comunale-Governo Alessandrini a Pescara sembra
proprio non voler accettare, ma che gran burloni! Appena qualche settimana fa
la promessa solenne di far includere il ‘caso’ della palazzina di via D’Annunzio
tra gli edifici danneggiati dal sisma del 6 aprile 2009, per garantire un
risarcimento agli ex residenti sgomberati. Ovviamente, nulla di fatto, ma
intanto quei poveretti c’hanno creduto. Oggi ci risiamo, e questa volta
parliamo di inquinamento del mare di Pescara, una vicenda che non interessa 10,
20 o 30 famiglie, ma interessa le 45mila famiglie che vivono a Pescara, ossia
127mila persone, senza considerare quegli utenti di fuori regione che nel
capoluogo adriatico potrebbero scegliere di trascorrervi le ferie.
Ricapitoliamo: oltre un mese fa cede un tratto dell’asse attrezzato su via
Raiale, spezza una condotta della rete fognaria e provoca lo sversamento per
almeno 3 o 4 giorni, dei liquami nel fiume, ossia in mare. Una situazione di
una gravità inaudita: dopo 4 giorni l’Aca costruisce un bypass e, in teoria,
elimina lo sversamento; ancora tutti da fare i lavori sul fronte della
viabilità e a tutt’oggi un ampio tratto di via Raiale è a mezzo servizio.
Successo il fatto, ma guarda quanto sono solidali e collaborativi, l’Arta, l’Organismo
deputato da sempre a monitorare i livelli di inquinamento in città, dunque gas
di scarico, antenne e, appunto, acque di balneazione, assume una decisione
senza precedenti: in teoria per il 21-22 aprile erano stati programmati i primi
campionamenti previsti per legge per decidere dove consentire la balneazione e
dove vietarla nell’estate 2015, ma, visto quanto accaduto a Pescara, anziché affrettarsi
a effettuare subito le verifiche per proteggere i cittadini, come la legge e il
buon senso avrebbero suggerito a chiunque, no! Invece di far questo, l’Arta
ufficializza la sospensione dei campionamenti su Pescara sino a data da
destinarsi: per la serie ‘lo sappiamo che se ora facciamo i controlli troviamo
solo feci, quindi non c’andiamo, e aspettiamo che il mare si pulisca da sé’,
affidandoci, come sempre al buon Dio. Che però ci mette lo zampino, e fa
scoppiare l’estate a Pescara, con decine e decine di famiglie e giovani che
iniziano ad andare al mare e a farsi i primi selfie per i primi bagni…nelle
feci! Felici e pericolosamente inconsapevoli, perché l’Ente deputato a
controllare ha deciso autonomamente di non farlo e di non informare la città. Ma
c’è di meglio, perché se l’Arta fa orecchie da mercante, in teoria ci sarebbe
un secondo Organismo a dover costringere l’Arta a controllare, ossia la
Direzione Marittima-Capitaneria di Porto che, invece, si glissa e concorda, ‘é
successo un fattaccio, fare i prelievi ora significherebbe vietare l’accesso su
tutta la spiaggia di Pescara, vabbè aspettiamo e vediamo che succede’. Nel
frattempo sembra che lo scorso 27 aprile l’Arta in gran segreto e mantenendo un
profilo basso, molto basso, manda qualcuno a prendere i primi campioni d’acqua
e l’esito è, ovviamente, terrificante: colibatteri (cioè, per intenderci, la ‘cacca’)
su tutto il litorale nord, dal molo sino all’altezza di via Cavour-via Cadorna.
Ma anche in questo caso la notizia non viene fatta trapelare, fatti salvi
alcuni balneatori che, non si sa come, non si sa perché, vengono raggiunti
dalla notizia che lascia di sasso: ossia qualcuno di molto vicino alle
Istituzioni comincia a far sapere che ‘quest’anno l’estate sarà un casino, il
mare è tutto sporco, e i cartelli di divieto di balneazione andranno messi sino
a via Cavour’. Una notizia che comincia a rimbalzare da stabilimento a
stabilimento, gli operatori balneari cominciano il passaparola, parte una sorta
di raccolta firme di protesta, c’è chi chiede ai propri rappresentanti
sindacali di preparare comunicati per fare fuoco e fiamme, qualcuno però soffia
sul fuoco, tiene basse le voci, e suggerisce, piuttosto, di non sollevare
polveroni, ‘tanto non lo sa nessuno’. E infatti non lo sa nessuno, per prima
non lo sa quella parte di città che al mare, col favore del bel tempo, comincia
ad andarci tutti i giorni, con tanto di bambini al seguito, e i bambini, si sa,
toccano la sabbia, toccano l’acqua, e poi mettono le mani in bocca. Ma tant’è.
Nel frattempo si arriva a maggio e l’Arta attiva i campionamenti di verifica,
ne fa uno, poi due, poi tre (o almeno così riportava Il Centro nei giorni
scorsi), fino a quando non accade quel che accade e voilà: il mare è inquinato ‘solo’
fino a via Balilla, dunque il divieto di balneazione scatta dal molo nord a via
Balilla, va bene, basta così, siamo tutti d’accordo e non se ne parli più, chi
s’è visto s’è visto, meglio sacrificare 5 stabilimenti balneari che tutta la
costa. E torna la calma tra i balneatori. Eh già: torna la calma perché tanto,
anche in questo caso, che c’è un tratto della riviera nord in cui i livelli dei
colifecali superano i limiti di legge, comunque non lo sa nessuno, men che meno
chi già sta andando al mare. E non lo sa perché, ovviamente, nessuno in Comune
ha ordinato agli operai di andare a installare i cartelli di ‘divieto di
balneazione’ nel tratto di spiaggia che va interdetto. Perché, se il sindaco
Alessandrini, primo responsabile della salute dei cittadini, non lo sapesse: l’Arta
controlla e ufficializza i dati, e dice quali sono i tratti di spiaggia da
interdire alla balneazione, ma è il Comune a dover installare i cartelli. E
poi, anche in questa fase, c’è sempre un
co-protagonista: ancora la Direzione Marittima-Capitaneria di porto che
deve controllare che il Comune ottemperi a tale obbligo, ossia all’installazione
dei cartelli, provvedendo a comminare multe (e non solo, visto che si tratta di
omissione) in caso negativo. Non solo: la legge obbliga a installare i cartelli
entro le 24 ore successive alla comunicazione di inquinamento, e, per Pescara,
le 24 ore sono abbondantemente trascorse. Ora: chi fa la prima domanda? Perché l’Arta
non ha ritenuto opportuno e doveroso ufficializzare alla città l’esito dei
prelievi di fine aprile? Perché oggi il Comune-sindaco Alessandrini non stanno
dando seguito al proprio dovere, ossia avvisare la popolazione del tratto di
mare inquinato installando gli appositi cartelli-segnali? Perché la Capitaneria
di Porto non sta controllando né emettendo ordinanze per obbligare il Comune ad
andare avanti con la procedura? Perché si sta aspettando? La verità l’ha detta
stamane sempre a Il Centro il consigliere di maggioranza Riccardo Padovano,
presidente del Sib-Confcommercio: la nuova ondata di inquinamento del mare
dovrebbe essere stata provocata dal cedimento dell’asse attrezzato e dal
conseguente sversamento nel fiume e nel mare dei liquami. Se così fosse
confermato, allora basta aspettare un altro po’, magari ci scappa una
mareggiata, si ripetono i campionamenti e il mare è pulito e abbiamo risolto!
Eh già, magari, e glielo auguro, ma la legge non dice questo. La legge non
consente di chiudere un occhio, magari due, e far finta di niente. La legge
dice: per ora la situazione è questa, ossia la costa pescarese è inquinata dal
molo a via Balilla, quindi per ora lì vanno installati i cartelli per vietare
ai bagnanti di entrare in acqua e farsi il bagno. Se poi, tra quindici giorni,
tra un mese, o una settimana, i nuovi campionamenti dell’Arta ci dicono che la
situazione è risolta, allora si procederà diversamente. Ma in questo momento,
chi va al mare ha il diritto di essere informato. E ha questo diritto quanto
più lo ha avuto in passato: domenica 4 agosto 2013, nel primo pomeriggio si
blocca una delle pompe dell’Aca a Francavilla, e si verifica uno sversamento di
pochi minuti nel mare. Subito se ne accorgono i cittadini, scende in campo la
Capitaneria di Porto che, essendo domenica, effettua personalmente i
campionamenti. Il lunedì le provette arrivano all’Arta, il martedì il
risultato: divieto di balneazione su un tratto di Francavilla e un tratto di
Pescara. Come previsto dalla legge si ripetono gli esami, di nuovo esito
negativo, e per uno sversamento di pochi minuti, non di 4 giorni, l’acqua
ancora non si ‘lava’, anche per l’assenza di mareggiate, e l’Arta che, alla
vigilia di Ferragosto, impone al sindaco Albore Mascia di vietare la
balneazione su un tratto del litorale sud, tratto anche più ampio di quanto
richiesto ‘per ragioni di cautela’. E i cartelli, in quel caso, sono stati installati,
nonostante le proteste dei balneatori, pronti a giurarla a quel sindaco che li
aveva penalizzati proprio a ferragosto. Questa è la cronaca, e oggi mi aspetto
lo stesso rigore, la stessa intransigenza, lo stesso rispetto della legge che è
stato, giustamente, preteso dal 2009 al giugno 2014 dall’Arta e dalla
Capitaneria di Porto. Perché la legge dev’essere uguale per tutti, e anche il
diritto a essere informati dei cittadini lo deve essere. Buona giornata!
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