venerdì 20 novembre 2015

E poi arrivò l'immunità 'mediatica'


Fossimo in un’aula parlamentare si chiamerebbe ‘immunità’. Nel giornalismo questa parola non dovrebbe esistere, ovvero nessuno dovrebbe sentirsi immune da critiche, ovvero intoccabile. Eppure accade anche questo, ormai lo vedo da giorni, da settimane, e ne parlo non per criticare i colleghi, lungi da me (sempre bene precisarlo, passibile, come sarei, dal tradire il rapporto di ‘solidarietà’ tra colleghi, ovvero tra di noi non possiamo parlare male l’uno dell’altro, o comunque non possiamo farlo pubblicamente e apertamente, poi, al bar, ce ne possiamo dire di cotte e di crude, ma pubblicamente no, figurati a scriverlo). Ma ne parlo come ‘fenomeno di costume’, come meccanismo psicologico che fa scattare questa ‘immunità’ nei confronti di alcuni, e non nei confronti di altri. Nei cinque anni passati come addetto stampa del Comune di Pescara, in quota della maggioranza di centro-destra, buona parte della giornata la passavo a ‘giocare’ a un ping-pong metaforico, ovvero a rispondere agli attacchi, continui, costanti, del Pd e del centro-sinistra in genere su qualunque argomento. Parliamo di almeno 5 o 6 comunicati stampa al giorno che parlavano di tutto: dai rifiuti al tempo ventoso, dalla fogna ai mercati alle torri dannunziane cadenti fino alle mezze stagioni. Che poi, se li intercettavi subito, magari uscivano in agenzia o su un quotidiano on line, potevi rispondere subito. Altrimenti te lo vedevi bello e spiattellato sui tre quotidiani il giorno dopo, e comunque dovevi rispondere, pregando affinchè la replica uscisse, che poi se ci scappava una notizia più ingombrante, un incidente, un arresto, un maxi-sequestro di droga, un morto, beh! Allora la replica era bella che fritta, due giorni dopo era una notizia ormai morta, e comunque tu non eri riuscita a rispondere a questo o a quell’attacco. Bella fregatura perché il lettore comunque il comunicato del Pd l’aveva letto, metabolizzato, ne aveva parlato, e restava anche con l’idea che quella del Pd fosse la versione giusta, perché non aveva mai avuto modo di leggere la tua replica. E questo, ancora, era il minimo: c’erano anche le tante occasioni in cui tu facevi un comunicato stampa per conto della maggioranza, davi una notizia, e qualche collega molto generoso avvisava in tempo reale l’opposizione-Pd che subito ti replicava, e lui era doppiamente fortunato, perché usciva sia con un suo attacco su un qualunque argomento, senza controcanto, e in più si imbucava nella notizia della maggioranza consiliare, in un rapporto di forza in cui io, come addetto stampa del centro-destra, e comunque tutta la maggioranza, ne usciva comunque perdente. Non ho mai capito questo meccanismo, non ho mai compreso fino in fondo sino a che punto fosse o meno corretto, anche perché negli anni trascorsi dentro la redazione de Il Tempo, con alcuni ‘maestri’ del giornalismo abruzzese, come Francesco Di Miero, mi è stato insegnato altro. A partire da un dato: il giornalista non è il ‘ruffiano’ (passatemi il termine, forse forte, ma serve per rendere l’idea) di alcun politico, se un esponente di destra o di sinistra dà una notizia, tu, giornalista di una redazione, collaboratore o redattore che tu sia, non te la vai a rivendere alla controparte, poi per non si sa bene per quale motivo dovresti farlo. Certo, puoi chiedere di verificare la notizia, ma devi cercarti mezzi, strumenti e modi per fare la verifica, senza spifferare ciò che fa la sinistra o la destra. L’indomani dai sicuramente l’occasione di controreplicare, che dovrebbe essere una regola, ma niente spiate per favorire l’uno o l’altro, proprio perché il giornalista, al di là delle sue opinioni personali che esprime al chiuso della cabina elettorale, deve conservare la sua obiettività (e la domenica ascoltando la Annunziata me lo ripeto sempre!). Tuttavia, pur memore di queste lezioni, nei cinque anni passati come addetto stampa al Comune di Pescara mi sono continuata a ripetere che ‘dai, ci può stare. Magari sono amici, sono molto amici, e non se la sente di fargli leggere quella notizia domani sul giornale’; oppure ‘vabbè, non è uscita la risposta, dai ci può stare, avremo altre occasioni per dire la nostra’. O ancora: ‘vabbè, ci attaccano perché ci sono i rifiuti per strada, oh, cavoli, sarà anche giusto! In fondo i miei (sindaco, assessori, consiglieri di maggioranza) hanno la responsabilità di governo, spetta a loro stare attenti che le strade siano pulite, quindi l’attacco ci può stare, è la legge dell’incudine e del martello’. Quindi, per cinque anni, ho applicato la legge del ‘ci può stare’: governo, quindi sono sulla graticola dalla mattina alla sera e me lo tengo. E quante volte l’ho ripetuto ai consiglieri, assessori e sindaco che dicevano: “ma è possibile che per ogni discarica abusiva, ogni cacata di piccione, il Pd parla e i giornali pubblicano? Possibile che non ce n’è mai una che vada bene?’ E io con pazienza e calma francescane cercavo di riportare la serenità lavorativa. Giugno 2014: il centro-destra perde le elezioni amministrative, sullo scranno di sindaco sale Marco Alessandrini, con la sua banda di ex consiglieri di minoranza, gli stessi che scrivevano 5 o 6 comunicati stampa al giorno su ogni minimo disservizio, spesso, e lo dico senza timore di smentita, anche inventato di sana pianta, ma purtroppo pubblicato o detto in tv perché non verificato (qualcuno ricorderà il consigliere Blasioli e la famiglia che doveva fare un funerale durante la nevicata del 2012, ecco una bufala!). Salgono al governo della città e mi dico, tra me e me, ‘ieri a me, oggi a te’, ossia, ‘ora voi diventate incudine e il centro-destra martello’, non per ripicca, ma perché in fondo, se ci pensate, è il ‘gioco delle parti’. E invece no. Inizialmente perché il centro-destra ha comunque dovuto riorganizzare vite, ruoli, competenze e lavoro. Poi il centro-destra è ripartito, ha ripreso a parlare di lavori, della città, dei progetti lasciati in sospeso, delle idee del centro-sinistra, delle problematiche o, semplicemente, del confronto politico. Ma è qui che ho conosciuto e continuo a conoscere il vero senso dell’immunità mediatica, ovvero, ci sono alcuni che rientrano nella sfera degli ‘intoccabili’, è inutile negarlo, o dire ‘quanto sei esagerata’. Eh no! Lo vedo, lo sento e lo tocco con mano, perché come gli altri ricevo i comunicati stampa e posso verificare come vengono gestiti, ovviamente con dei distinguo, che però non posso fare esplicitamente, ma basta leggere e si intuisce facilmente. Nei giorni scorsi me ne sono passati sotto gli occhi di tutti i generi: l’esponente di centro-destra denuncia la presenza di una discarica abusiva di ingombranti. Mostra pure le foto. Manda il comunicato, ma nulla. Non succede nulla. Non un rigo, non una menzione, neanche una breve. Come se quella discarica non fosse mai esistita. Eppure per cinque anni non è andata così: per cinque anni il Pd ha trovato discariche in tutte le salse, in certi casi sospettavo pure sulla loro autenticità, in alcuni casi con la Attiva abbiamo anche verificato che si trattava di casi risalenti a due, tre settimane prima. Ma comunque sui giornali c’erano quelle discariche, la denuncia di un esponente politico del Pd era oro colato e la denuncia era giusto che uscisse. Oggi no. Un altro esponente politico di centro-destra denuncia la presenza di una ‘tendopoli’ in piazza Garibaldi, pure quello manda le foto, attacca l’assessore Giacomo Cuzzi assumendosene le responsabilità. Ma nulla, non una riga, non una menzione, neanche una breve. Eppure io ricordo gli attacchi del giovane consigliere di quartiere Cuzzi contro la giunta Albore Mascia, ricordo i suoi comunicati-fiume contro il mercato di via Pepe, contro le bancarelle che si piazzavano a volte dentro le aiuole, perché dopo 60 anni Cuzzi, che di anni ne ha molti di meno, si era accorto che in via Pepe c’era un mercato rionale ogni lunedì e che qualche disagio, ovviamente, lo poteva arrecare. Oh, badate bene, il mercato rionale del lunedì in via Pepe c’è anche oggi che Cuzzi fa l’assessore al Commercio, e ci sono gli stessi disagi di quando gli assessori al Commercio erano di centro-destra, eppure oggi la materia è narcotizzata. Se mandi un comunicato per contestare anche una scelta politica di Cuzzi, non si capisce perché, ma non esce, neanche morto. Appena ieri l’ultimo caso: un comunicato in cui l’ex consigliere Foschi ha addirittura denunciato un’illegittimità grave, ovvero per poter svolgere eventi e concerti a Pescara occorre l’autorizzazione della Commissione di Vigilanza e Pubblico spettacolo, che si rinnova ogni tre anni. Bene: la Commissione è scaduta nelle sue funzioni il 31 dicembre 2013, dunque due anni fa, non è mai stata né prorogata né rinnovata, e la Commissione ‘scaduta’ continua a lavorare e a emettere pareri e autorizzazioni. Ma con quale autorità se chi fa parte di quella Commissione sta operando in maniera illegittima e senza alcun incarico formale? E qui la formalità diventa sostanza perché se durante un concerto accade una disgrazia, chi se ne assume la responsabilità? Ebbene, Foschi ci mette la faccia, il nome e il cognome in quello che denuncia, ma nulla, guarda caso l’esponente di centro-destra attacca, per coincidenza, Cuzzi e allora neanche una riga. Ma la cosa è generalizzata, non riguarda solo Cuzzi. E badate bene, non è una critica la mia, ma solo la constatazione di un dato di fatto, lo studio di un fenomeno di costume: in politica c’è chi gode dell’immunità. Primo fra tutti, consentitemelo, il sindaco Alessandrini che, dopo aver mentito alla città, aver permesso a migliaia di bagnanti di tuffarsi in un mare pieno di feci, non aver detto ad alcuno che c’era un divieto di balneazione perché nel mare si erano sversati 30milioni di litri di liquami in 17 ore, e dopo aver mentito falsificando un’ordinanza, ossia un atto pubblico, firmandola il 3 agosto, ma mettendoci la data del primo agosto, e dopo aver per questo rimediato un avviso di garanzia, ebbene, lo stesso sindaco è rimasto tranquillamente in sella (chiunque altro sarebbe stato ‘catturato’ a casa con i celerini e con tanto di riprese televisive) e viene anche invitato nelle scuole per parlare ‘dell’arte della politica’! Bene, è chiaro che c’è un’immunità speciale a Pescara, ci sono quelli che non possono essere toccati né criticati. Ovvero: la legge è uguale per tutti, ma per alcuni è più uguale che per altri! Buona giornata!

1 commento:

  1. ....brava Patrizia , se non mestassero nella cacca , come farebbero a governare. Dicono di essere ma la prassi è quella di un certo ventennio; altrimenti senza imbrogli come starebbero al governo. Gli imbrogli sono anche quelli di "tutto va bene madama la marchesa".

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