Lei si chiama Annalisa Colagiovanni. Ma Lei è un
fake, non esiste, è un nome inventato, un personaggio virtuale, usato da
qualcuno (facile capire chi) per scrivere Lettere al Direttore del quotidiano Il
Centro su argomenti ‘caldi’ al fine di manipolare l’attenzione e il gusto del lettore,
o almeno provare a farlo. Ci sono arrivata stamattina, un lampo, un guizzo,
semplicemente con un piccolo balzo indietro nel tempo e con la saggezza di mia
nonna. ‘Nannò, ricordati, da te gli altri si aspettano che tu faccia quello che
loro farebbero’, quasi sempre nella sua eccezione negativa. Ovvero, se uno è
avvezzo alla menzogna, si aspetta sempre che gli altri mentano; se uno è
abituato a truffare, si aspetta sempre che gli altri siano pronti a truffarlo.
E allora ripartiamo dalla signora Pina Graziosi. Sarà stato il febbraio 2013:
manifestazione nella scuola elementare 11 febbraio ’44, i bambini cantano l’Inno
d’Italia rivisitato e corretto, dunque un testo completamente modificato, in
cui i cantori non erano più tanto disponibili a morire per la patria, ma
piuttosto a proclamare la politica sessantottina ‘facciamo l’amore, non
facciamo la guerra’. Passano due o tre giorni, non ricordo bene, e spunta tra
le lettere al Direttore de Il Centro, la lettera di una mamma infastidita da
quella canzone, o meglio, dalla politicizzazione a sinistra di tutto l’evento,
in teoria una manifestazione che dovrebbe vedere i bambini protagonisti per
rendere omaggio ai caduti dell’eccidio dell’11 febbraio ’44, quindi un modo
dinamico e utile per imparare la storia, in realtà una festa a uso e consumo
dell’Anpi locale. Comunque, la mamma in questione, Pina Graziosi, esprime il
proprio disappunto per quelle maestre che avevano insegnato alla figlia un Inno
d’Italia che non era l’Inno d’Italia, per averla fatta partecipare, bambina
inconsapevole, a una festa di partito, tipo festa dell’Unità. Lamentela
legittima, a mio personale giudizio, da parte di una mamma che era felice in
quanto la figlia, dall’anno successivo, sarebbe passata alle scuole medie e
quindi comunque avrebbe cambiato classe e insegnanti. Fin qui tutto bene. Il
sindaco Albore Mascia ha però l’idea di esprimere solidarietà a quella mamma,
una perfetta sconosciuta, semplicemente sulla questione ‘Inno d’Italia’, perché,
in qualità di sindaco, non poteva condividere l’idea di insegnare ai bambini un
Inno non autentico, consapevole del valore istituzionale di quella che non è
una canzonetta da canticchiare sotto la doccia, ma che ha parole e significati
ben precisi. Bene, pubblicano la lettera del sindaco e apriti cielo: quindici
giorni di accuse, polemiche, parole pesantissime, contro il sindaco, e,
soprattutto, si apre la caccia alle streghe, tutti a cercare la signora Pina
Graziosi. Addirittura la dirigente scolastica, all’epoca Assunta D’Emilio,
scrive una lettera per ufficializzare che non c’era alcuna mamma di studentessa
che si chiamava Pina Graziosi. E quindi la conclusione dei consiglieri del Pd,
in testa l’attuale vicesindaco ‘tuttologo’ Enzo Del Vecchio e l’attuale assessore
all’ambiente Paola Marchegiani, esattamente le due persone direttamente
coinvolte, politicamente e amministrativamente, oggi, nello sversamento in mare
di 25mila metri cubi di feci e liquami e nella responsabilità di averlo taciuto
alla città, insieme al sindaco Alessandrini, e che da quel giorno osservano un religioso
silenzio, ecco la conclusione di quella caccia alle streghe fu, ovviamente, ‘Pina
Graziosi non esiste, è un alias, è Patricia Fogaraccio’, cioè io, ipotesi
avallata, come sempre, da un solo quotidiano locale, non Il Centro e non Il
Tempo, sempre in quella costante e continua opera denigratoria e diffamatoria
che per cinque anni ho dovuto pazientemente sopportare. Quindi Pina Graziosi,
secondo il Pd, ero io ed era tutto inventato. Ora, a distanza di due anni,
diciamolo subito, Pina Graziosi non ero io; molto più probabile fosse uno
pseudonimo di una mamma o magari di un papà, che aveva voluto anonimamente denunciare
un episodio che lo aveva turbato, e comunque usando non il proprio nome per
tutelare l’identità della figlia o del figlio che avrebbe dovuto frequentare
quella scuola per altri quattro mesi, sicuramente era un genitore presente alla
manifestazione politica della scuola ‘11 febbraio ‘44’ perché ne conosceva lo
svolgimento. L’unica domanda che da allora mi ha sempre martellato in testa è
stata la seguente: ma perché la caccia alle streghe da parte dei politici
consiglieri comunali e della dirigente scolastica? Cioè, assodato il contenuto
della lettera, di cui si doveva solo prendere atto, semmai avessero realmente
indovinato l’identità della mamma e l’avessero individuata, cosa sarebbe
accaduto, cosa le avrebbero detto o fatto? L’avrebbero giustiziata sulla
pubblica piazza per aver osato contestare una festa dell’Anpi? Ma torniamo sul
binario dell’articolo odierno: io quell’episodio di Pina Graziosi non l’ho mai
dimenticato, o meglio l’ho accantonato in un angolo del cervello, convinta,
ricordando la saggezza di mia nonna, che, se il Pd aveva pensato che io potessi
ordire un inganno di tale astuzia, inventando un personaggio donna di sana
pianta e inventando una lettera a Il Centro, era perché il Pd, in una simile
circostanza, avrebbe fatto ricorso a tale espediente, ovvero ‘il Pd si
aspettava da me ciò che il Pd avrebbe fatto’. E stamattina il motto di mia
nonna mi è balzato in mente: in pieno ciclone contro il sindaco Alessandrini, che
per giorni ha consentito a centinaia di cittadini di farsi il bagno nelle feci
nascondendo un’ordinanza di divieto di balneazione, in teoria firmata, dice
lui, ma non resa esecutiva, quindi non notificata, non pubblicata sull’Albo pretorio comunale,
non ufficializzata attraverso un comunicato, dunque un pezzo di carta straccia,
ecco, nel pieno del ciclone, ti spunta nella rubrica delle lettere al Direttore
la lettera di Annalisa Colagiovanni, che non esprime un semplice parere o solidarietà
al sindaco, ma dice ‘basta con le polemiche sul divieto nascosto…gentile
direttore, francamente ha stancato la polemica sui ritardi del sindaco nell’annunciare
che il tratto di mare di fronte a via Balilla era più inquinato del solito. Che
senso ha vietare il primo agosto per un giorno o due un tratto di mare poco
frequentato…bla bla bla’. Lì per lì mi sono chiesta: chi sarà questa folle? E’
stanca di leggere le polemiche sul mancato allarme sull’inquinamento del mare? E
cambia pagina del giornale se ti sei stancata di vedere le polemiche! Perché mettere
per un giorno i divieti di balneazione? Via Balilla un tratto di mare poco
frequentato? Quello strenuo tentativo di gettare acqua sul fuoco, decisamente
esagerato, quella spinta rivolta al direttore a cambiare argomento per la sua
inchiesta, è risuonato come un campanello d’allarme. E allora anch’io ho fatto
la mia piccola ‘caccia’: prima cerchiamo su facebook, e Annalisa Colagiovanni,
peraltro un cognome particolare, non
esiste, così come non esiste su Linkedin, su twitter né su Google Plus, ovvero
una tanto avvezza a scrivere lettere a un quotidiano, non ha un profilo social.
E allora vai su Google, digiti il nome ed ecco che spunta il personaggio
virtuale, che da mesi invia lettere, tutte pubblicate, a Il Centro, su ogni
argomento favorevole alla sinistra, contro la destra, su Pescara e
Montesilvano. Poi telefoniamo, e allora verifichiamo che Annalisa Colagiovanni
non risulta in alcuna banca dati. Ecco, Annalisa Colagiovanni è un personaggio
virtuale che scrive solo lettere a Il Centro, un personaggio che qualcuno in
Comune o nelle segreterie di partito usa e fa parlare quando serve, per un
intervento a favore della propria causa. Ed è così che l’ultimo tentativo del
Pd per difendere l’operato indifendibile del sindaco Alessandrini naufraga in
un mare amaro, e si trasforma in un boomerang. Ricorrere a una lettera falsa,
di un personaggio inventato e virtuale, è l’ultima bassezza cui si poteva
ricorrere, anche se non più basso dell’aver deciso, da parte del sindaco, di
nascondere alla città che stava facendo il bagno nelle feci, perché il mare era
inquinato, ma lui ha autonomamente deciso, padrone di Pescara, di non farlo
sapere per non rovinare l’immagine turistica di Pescara, che oggi è distrutta.
Non è più bassa della decisione del sindaco Alessandrini di non dire alle mamme
che i loro bambini si stavano facendo il bagno in un mare di feci, perché c’era
stato uno sversamento di 25mila metri cubi di liquami, ma lui ha scelto di
tenerlo nascosto. Ora Pescara aspetta, non altre lettere false, ma aspetta le
dimissioni del sindaco, un atto dovuto, uno scatto di coscienza. Buona
giornata!
Se si dimette Alessandrini però perdiamo anche le sagaci lettere di Annalisa Colagiovanni!!! Che pena...
RispondiEliminaNo, anzi, poi le lettere arrivano a pioggia nei successivi 20 giorni per convincere Alessandrini a desistere!
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